L’economia, nella sua essenza, è uno strumento creato dall’uomo per organizzare e gestire le risorse, facilitare gli scambi e promuovere lo sviluppo delle società, nel corso della storia, la funzione dell’economia e del denaro si è evoluta, allontanandosi in parte dalla sua originaria natura di mezzo per soddisfare i bisogni collettivi. Karl Polanyi, nel suo celebre lavoro La grande trasformazione (1944), descrive l’economia come un fenomeno storicamente incorporato nelle relazioni sociali. Secondo Polanyi, nelle società preindustriali l’attività economica non era autonoma, ma subordinata a norme sociali, culturali e morali. I sistemi di scambio, come il baratto o il dono, erano profondamente intrecciati con i legami comunitari e non avevano come obiettivo primario l’accumulazione di ricchezza. Ad esempio, in molte società tradizionali, le risorse venivano distribuite secondo principi di reciprocità e redistribuzione, piuttosto che tramite il mercato. Polanyi definisce questo approccio come “embedded economy”, un’economia incorporata nella società. Solo con l’avvento del capitalismo moderno l’economia ha iniziato a separarsi dalle altre sfere della vita, diventando un sistema autonomo regolato dal mercato. Originariamente, il denaro nasce come mezzo per facilitare gli scambi. Nei sistemi di baratto, infatti, il problema principale era la doppia coincidenza dei bisogni: per scambiare un bene con un altro, entrambe le parti dovevano desiderare contemporaneamente ciò che l’altra offriva. L’introduzione del denaro ha risolto questo problema, fungendo da unità di conto, mezzo di scambio e riserva di valore. Con il passare del tempo il denaro ha assunto una funzione diversa: da semplice intermediario è diventato un bene in sé, simbolo di ricchezza e potere. Questo processo è evidente nell’accumulazione di capitale e nella creazione di mercati finanziari dove il denaro genera altro denaro, spesso scollegato dalla produzione di beni reali. Secondo Polanyi, questa trasformazione ha snaturato la funzione originaria del denaro, contribuendo alla “mercificazione” di elementi essenziali come il lavoro, la terra e il capitale. Egli sottolinea che la separazione del denaro dalla sua funzione sociale ha avuto profonde implicazioni, tra cui l’emergere di disuguaglianze economiche e la crisi dei sistemi comunitari tradizionali. Nei primi sistemi economici, come quelli della Mesopotamia e dell’antico Egitto, le transazioni erano basate su unità di conto come l’orzo o l’argento, ma il denaro non era centrale. Ad esempio, in Mesopotamia, un sistema complesso di equivalenze permetteva di valutare beni diversi: un “shekel” d’argento poteva corrispondere a circa 300 litri di orzo. Le economie erano redistributive, con i templi e i palazzi che gestivano la produzione e la distribuzione, raccogliendo tributi in natura (come cereali, bestiame o tessuti) e ridistribuendoli secondo necessità. Nell’antico Egitto, il “debito” nei confronti dello Stato o dei templi era spesso espresso in unità simboliche, come il deben, e ripagato con lavoro o beni materiali. Questi sistemi favorivano la coesione sociale e garantivano la sopravvivenza delle comunità in periodi di crisi, come carestie o guerre. Con la nascita del capitalismo nel XVI secolo, il denaro ha iniziato a giocare un ruolo sempre più importante. La rivoluzione industriale ha accelerato questa tendenza, trasformando il denaro in un motore per l’accumulazione di capitale. Tra il 1500 e il 1800, si stima che la ricchezza globale sia cresciuta del 1000%, grazie anche al commercio coloniale e alla nascita delle prime banche moderne. Il mercato finanziario rappresenta una delle manifestazioni più estreme del denaro come bene. Nato con lo scopo di facilitare l’allocazione delle risorse, ha progressivamente assunto un ruolo dominante, fino a diventare un sistema spesso scollegato dall’economia reale. Negli ultimi decenni, la finanziarizzazione è diventata una caratteristica centrale delle economie moderne. Con questo termine si intende l’espansione del settore finanziario rispetto a quello produttivo, con il capitale che si sposta sempre più verso attività speculative. Questo processo ha portato il denaro a non essere più soltanto un mezzo per scambiare beni e servizi, ma un fine in sé. Secondo dati della Banca Mondiale, nel 2022 il volume delle transazioni sui mercati finanziari ha superato di 40 volte il PIL globale. Questo dato impressionante sottolinea come il mercato finanziario si sia trasformato in una sorta di ecosistema a parte, dove le attività speculative spesso superano di gran lunga quelle legate alla produzione di beni e servizi reali. Il mercato dei derivati è uno degli esempi più emblematici del distacco tra finanza ed economia reale. Questi strumenti finanziari, originariamente progettati per proteggere aziende e investitori da rischi specifici, come le variazioni dei tassi di interesse o dei prezzi delle materie prime, sono diventati oggetto di speculazione pura. Nel 2022, il valore nozionale dei contratti derivati è stato stimato in oltre 600 trilioni di dollari, un ammontare che supera di gran lunga la dimensione dell’economia globale. Eventi come la crisi del 2008 mostrano chiaramente le conseguenze del disallineamento tra finanza ed economia reale. La crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti ha avuto origine da prodotti finanziari complessi e scarsamente regolamentati, che hanno amplificato i rischi sistemici. Nonostante l’origine speculativa della crisi, le conseguenze si sono riversate sull’economia reale, con milioni di persone che hanno perso lavoro, risparmi e case. Un altro esempio sono le criptovalute. Sebbene ancora relativamente giovani, le criptovalute rappresentano un ulteriore esempio del fenomeno. Create come alternativa ai sistemi finanziari tradizionali, molte criptovalute hanno visto crescere il loro valore principalmente grazie a speculazioni, piuttosto che a un uso concreto nell’economia reale. Il crescente distacco tra finanza ed economia reale ha generato diverse conseguenze come le disuguaglianze economiche, i profitti derivanti dalle attività finanziarie tendono a concentrarsi nelle mani di pochi, amplificando le disuguaglianze globali. Secondo un rapporto di Oxfam, il 1% più ricco della popolazione mondiale possiede più ricchezza del restante 99%. L’eccessiva finanziarizzazione aumenta la vulnerabilità delle economie a crisi finanziarie, che possono propagarsi rapidamente a livello globale. Quando i mercati finanziari sembrano funzionare come un gioco a sé stante, molti cittadini perdono fiducia nelle istituzioni economiche e politiche. Il mercato finanziario, nella sua forma attuale, è un chiaro esempio di come il denaro si sia trasformato da strumento a bene in sé. La trasformazione dell’economia e del denaro ha avuto profonde conseguenze. Come ha sostenuto Polanyi, il predominio del mercato ha minato i legami sociali e ha reso il denaro una forza autonoma, capace di influenzare ogni aspetto della vita umana. Per comprendere e affrontare queste sfide, è utile riscoprire la funzione originaria dell’economia come strumento al servizio della collettività. Ciò richiede una riflessione critica sul ruolo del mercato e del denaro nelle società contemporanee, con l’obiettivo di riportare l’attività economica sotto il controllo della società e delle sue necessità.