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21 Jan
21Jan

La crisi economicaLa gestione della crisi economica, ormai giunta a livelli critici, è stata segnata da provvedimenti altamente discutibili. Tra questi, il blocco illecito dei conti correnti in valuta pregiata detenuti dai cittadini libanesi, una misura che non è stata affiancata da azioni volte a contrastare l’imponente fuga di capitali verso l’estero. Tale fenomeno ha interessato in modo preponderante i membri delle élite, che avrebbero tratto vantaggio dalla situazione, aggravando ulteriormente il divario sociale ed alimentando un diffuso senso di ingiustizia. La paralisiDopo oltre due anni di paralisi istituzionale, il parlamento libanese ha eletto Joseph Aoun, comandante in capo delle forze armate, come nuovo Presidente della Repubblica. La posizione era rimasta vacante dall’ottobre 2022, quando Michel Aoun aveva terminato il proprio mandato senza che fosse raggiunto un accordo su un successore. Nonostante la coincidenza del cognome, tra i due non sussiste alcuna parentela.L’elezione di Joseph Aoun è arrivata dopo un lungo e difficile percorso parlamentare: dodici tentativi precedenti si erano conclusi senza risultati, ma il tredicesimo scrutinio si è rivelato decisivo. Aoun ha ottenuto 99 voti al secondo turno di votazione, assicurandosi così la presidenza. Il superamento dell’impasseNel suo discorso inaugurale, il nuovo presidente ha fissato le linee guida del suo mandato, dichiarando l’intenzione di rafforzare i rapporti diplomatici del Libano in tutte le direzioni, verso est e verso ovest. Ha inoltre promesso un impegno concreto per ricostruire le aree danneggiate dai bombardamenti israeliani e per potenziare le risorse destinate all’esercito libanese.L’elezione rappresenta la conclusione di un’impasse politica durata quasi due anni, causata da divisioni profonde tra le forze parlamentari. Il nodo principale era costituito dai contrasti tra le fazioni vicine al movimento Hezbollah e quelle schierate contro di esso. Hezbollah, che combina un ruolo di gruppo paramilitare ad una presenza formale nel parlamento, è da tempo al centro del panorama politico libanese. Il ruolo di HezbollahL’accordo che ha portato alla nomina di Aoun è stato facilitato da due fattori principali: la recente guerra con Israele, che ha significativamente indebolito l’influenza di Hezbollah, ed una pressione internazionale crescente che ha spinto le fazioni a convergere su una candidatura condivisa. Questo risultato offre al Libano una rara opportunità per rilanciare la stabilità politica ed affrontare le sfide critiche che gravano sul Paese.Suleiman Frangieh, sostenuto da Hezbollah come candidato alla presidenza del Libano, ha deciso di ritirarsi, annunciando il proprio appoggio a Joseph Aoun. Quest’ultimo, generale ed appartenente alla comunità cristiana maronita, era già considerato il principale favorito per la presidenza grazie al sostegno delle principali forze politiche cristiane e, recentemente, alla disponibilità manifestata da alcuni partiti musulmani. Wafiq Safa, esponente di spicco di Hezbollah, ha confermato che il gruppo non avrebbe posto un veto sulla candidatura di Aoun, pur non avendo espresso un sostegno formale. L’iter parlamentareL’elezione del Presidente della Repubblica segue un iter parlamentare particolarmente articolato. Al primo turno, il candidato deve ottenere almeno due terzi dei voti dell’Assemblea, ovvero 86 su 128, mentre dai turni successivi è sufficiente una maggioranza semplice di 65 voti. Joseph Aoun, nel corso delle votazioni, ha raccolto 71 preferenze al primo scrutinio e 99 al secondo, ottenendo così l’elezione.Ciononostante, per la nomina di Aoun si è reso necessario un ulteriore adeguamento costituzionale: la Carta libanese vieta, infatti, ai membri in servizio delle forze armate di assumere la carica di Presidente della Repubblica senza un emendamento esplicito. Questo emendamento, che richiede il voto favorevole di due terzi del Parlamento, è stato approvato, aprendo la strada alla sua elezione. Si tratta di una procedura già adottata in passato: Aoun diventa così il quinto comandante militare ad essere eletto Presidente della Repubblica nella storia del Libano. Le divisioni confessionali nella politica libaneseL’elezione di un nuovo presidente segna un progresso significativo per il Libano, da tempo bloccato in una paralisi politica che ha impedito qualsiasi avanzamento istituzionale. Il presidente ha espresso l’intenzione di nominare un primo ministro stabile, al posto dell’attuale figura ad interim, con l’obiettivo di costituire un governo funzionante. Tuttavia, il percorso si preannuncia lungo e delicato, poiché ogni decisione politica richiederà un’intesa con il parlamento, in un equilibrio complesso tra le diverse fazioni rappresentate.Il Libano è da tempo intrappolato in una crisi politica che trova le sue radici in un sistema di governance settario, strutturato per garantire rappresentanza alle molteplici confessioni religiose del paese. Questo sistema prevede che le principali cariche istituzionali siano assegnate secondo criteri confessionali: la presidenza della Repubblica spetta ad un cristiano maronita, il ruolo di primo ministro ad un musulmano sunnita, mentre la guida del Parlamento è riservata ad un musulmano sciita. A queste disposizioni si aggiunge la prerogativa per i cristiani greco-ortodossi di ricoprire le posizioni di vicepresidente del parlamento e vice primo ministro. Anche la composizione del parlamento segue questa logica, con seggi attribuiti alle diverse comunità religiose.Se da un lato questa configurazione era stata concepita per favorire l’equilibrio ed il dialogo interconfessionale, dall’altro si è progressivamente trasformata in un meccanismo che alimenta l’impasse politica del paese. Tale stallo istituzionale ha contribuito ad acuire una già gravissima crisi economica, rendendo ancora più complessa la situazione sociopolitica ed economica del Libano.Si ipotizza la creazione di una Camera Bassa eletta con modalità simili a quelle dei sistemi democratici occidentali. Questa seconda camera favorirebbe l’emergere di partiti politici interconfessionali, capaci di sviluppare programmi basati su idee ed obiettivi politici anziché su appartenenze religiose. Entrambi gli elementi sono ritenuti cruciali per avviare un rinnovamento politico significativo in Libano.Sebbene tali previsioni siano formalmente presenti nella Costituzione, la loro attuazione è costantemente bloccata dal sistema politico esistente. In passato, l’opposizione a queste riforme era attribuita all’influenza del regime siriano di Assad, che considerava tali cambiamenti una minaccia diretta alla propria egemonia sul Libano. Oggi, però, con la fine del controllo diretto siriano, il percorso verso questa transizione appare ancora incerto e privo di una direzione chiara. Il neo presidente ed il consenso internazionaleAoun ha ottenuto il sostegno di attori di rilievo internazionale come gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, che negli ultimi anni si sono distinti tra i principali finanziatori del Libano. Un ruolo cruciale in questa dinamica è ricoperto dall’esercito libanese, supportato finanziariamente e logisticamente da Washington, dove lo stesso Aoun ha partecipato a diverse attività di formazione militare.Con sessant’anni ed una lunga carriera militare alle spalle, Aoun ha iniziato il suo servizio nell’esercito nel 1983. Nel corso degli anni si è affermato come un ufficiale di grande competenza, riconosciuto per la capacità di mantenere coeso ed operativo l’apparato militare del paese, nonostante il contesto segnato da una crisi politica e sociale persistente.

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