Cookie PolicyPrivacy Policy
10 Jan
10Jan

L’accordo raggiunto in questi giorni tra Etiopia e Somalia, mediato dalla Turchia, rappresenta molto più di un semplice successo diplomatico. Recep Tayyip Erdogan ha infatti consolidato l’influenza turca nel Corno d’Africa, una regione di primaria importanza per gli equilibri geopolitici globali, teatro di interessi concorrenti che coinvolgono potenze locali come l’Egitto ed esterne come la Cina, gli Stati Uniti e i Paesi del Golfo.
 L’intesa, che risolve le tensioni scatenate dall’accordo tra Addis Abeba e il Somaliland sul porto di Berbera, evita non solo una potenziale escalation militare tra Etiopia e Somalia, ma contribuisce anche a contenere la rivalità tra Etiopia ed Egitto, due giganti africani in rotta su molteplici fronti. È un colpo da maestro che permette ad Ankara di consolidarsi in un’area cruciale, con implicazioni strategiche che vanno ben oltre la regione.
 La posizione geografica del Corno d’Africa ne fa uno dei crocevia più importanti del commercio internazionale. Qui, lo Stretto di Bab al-Mandab collega il Golfo di Aden al Mar Rosso, attraverso cui transita circa il 10% del traffico marittimo globale. Controllare le rotte di questa regione significa esercitare influenza sulle principali linee commerciali mondiali, dalla Cina all’Europa. La Turchia, che ha ambizioni di potenza globale, è ben consapevole di questa realtà e ha lavorato negli ultimi anni per rafforzare la propria presenza militare, economica e diplomatica nell’area.
 Ankara è già un attore chiave in Somalia, dove ha costruito la più grande base militare turca all’estero, a Mogadiscio. Questa infrastruttura consente alla Turchia di addestrare migliaia di soldati somali, rafforzando il fragile governo centrale e guadagnandosi un alleato strategico. La mediazione tra Etiopia e Somalia rafforza ulteriormente questa posizione, permettendo alla Turchia di presentarsi come un partner affidabile per entrambe le parti.
 Inoltre la presenza della Turchia nel Corno d’Africa si inserisce in una strategia più ampia di proiezione di potere nel Mar Rosso. Erdogan ha già stretto accordi con il Sudan per lo sviluppo dell’isola di Suakin, un tempo un importante snodo ottomano, e mantiene legami stretti con il Qatar, altro attore influente nell’area.
 La rivalità tra Turchia ed Egitto trova un nuovo teatro nel Corno d’Africa. Per il Cairo, il ritorno dell’Etiopia al mare attraverso il porto di Berbera rappresenterebbe un colpo durissimo, moltiplicando la potenza etiope in un contesto già segnato dal confronto sulla diga del GERD. La mediazione turca, scongiurando un’escalation, permette però ad Ankara di contenere l’influenza egiziana, rafforzando il proprio ruolo come potenza stabilizzatrice.
 Allo stesso tempo la Turchia si pone in competizione con le monarchie del Golfo, in particolare Arabia Saudita ed Emirati, che da anni investono per controllare le rotte del Mar Rosso. Il porto di Berbera, già sotto l’influenza degli Emirati, è un simbolo di questa contesa. Con la sua mediazione, Erdogan entra di prepotenza in questa partita.
 L’accordo tra Etiopia e Somalia rappresenta l’ennesimo tassello della strategia turca per diventare una potenza globale. Erdogan ha sfruttato con abilità la frammentazione e le rivalità regionali per posizionarsi come mediatore e partner chiave in un’area cruciale per il commercio mondiale. La Turchia non sta solo cercando di espandere la sua influenza: sta costruendo un nuovo ordine regionale, dove il suo ruolo è sempre più centrale.
 In un mondo dove le rotte marittime e il controllo delle risorse diventano sempre più strategici, il Corno d’Africa rappresenta una porta d’accesso al futuro. Erdogan lo sa bene e non intende lasciarla chiusa.

Commenti
* L'indirizzo e-mail non verrà pubblicato sul sito Web.